Mi sta venendo l’ansia, sono sempre in ansia, soffro di attacchi d’ansia…molte espressioni che fanno riferimento ad una stessa parola. “Ansia” è un termine oramai sulla bocca di tutti. E ovviamente con un’accezione negativa. Ma che cosa è davvero l’ansia? E quando è disfunzionale?
Con il termine ansia si è soliti indicare cose molto diverse tra loro. Essa innanzitutto, come spesso si pensa, non è un’emozione, né tantomeno un’emozione a valenza negativa. Non è nemmeno una malattia.
L’ansia è un affetto, uno stato di attivazione psicofisiologica, che si traduce in un vissuto di apprensione e paura come anticipazione di una possibile minaccia. Ha una funzione evolutiva molto importante per l’essere umano, perché attiva l’organismo in risposta a determinate situazioni. Nello specifico ad attivarsi è il sistema nervoso simpatico, determinando tutta una serie di modificazioni corporee (ad esempio tachicardia, tensione muscolare, sudorazione ecc.), che ci spingono così ad agire in risposta alla minaccia percepita.
Pensiamo ad esempio ai nostri antenati. Cosa ne sarebbe stato di loro se di fronte ad un animale feroce non avessero provato almeno un pochino di ansia? Ma senza scomodare necessariamente le teorie evoluzionistiche, proviamo a pensare ad un altro esempio più attuale: un agonista che sta per iniziare una gara. La sua ansia da prestazione, ovviamente se presente ad un livello di intensità definibile “normale”, attiverà l’organismo e focalizzerà le sue energie sull’obiettivo da raggiungere. In tal modo le sue prestazioni ne saranno migliorate.
Lo stesso prendersi cura di qualcuno in generale presuppone un po’ di ansia. Quindi normalmente essa è un qualcosa di positivo e funzionale, che pertanto non dovrebbe essere demonizzato.
L’ansia assume un valore negativo quando la persona perde il controllo e se ne lascia sopraffare. È solo allora che l’ansia “negativa” prende il sopravvento, facendo vivere il soggetto in una condizione di continua anticipazione della possibile minaccia. La persona allora rimane in uno stato di attivazione continuativa e sproporzionata rispetto all’evento che potenzialmente dovrebbe fronteggiare. Questo stato di attivazione dispende energie inutilmente compromettendo le possibili prestazioni invece che migliorandole.
Questo problema può arrivare ad assumere proporzioni molto rilevanti, inficiando il funzionamento nei vari ambiti della propria vita, da quello lavorativo, a quello sociale e affettivo.
Ci sono ovviamente vari gradi di severità della problematica. Può essere utilissima in molti casi una psicoterapia oppure anche una farmacoterapia, meglio se associata alla prima. È anche possibile per alcune situazioni appellarsi a tecniche di rilassamento particolari. Esse possono aiutare ad acquisire una maggiore consapevolezza rispetto al proprio corpo e ai segnali che manda, e riuscire di conseguenza a riequilibrare naturalmente le proprie funzioni fisiologiche.
È questo il caso del Training Autogeno per esempio, una tecnica di rilassamento ideata dallo psichiatra tedesco Schultz negli anni ’30. Esso nasce specificatamente come tecnica psicoterapeutica. Oggi però viene utilizzato anche in contesti non clinici, come semplice tecnica di rilassamento. Il Training Autogeno può essere proposto in gruppo o individualmente, associato o meno ad una psicoterapia (psicoterapia autogena).
Trattare l’ansia eccessiva è sicuramente molto importante anche alla luce del fatto che in alcuni casi essa può diventare molto invalidante. Qualunque sia la soluzione terapeutica adottata però bisogna tenere bene a mente che l’ansia non è qualcosa da eliminare. Piuttosto risulta maggiormente opportuno ridimensionarla e trovare delle proprie personali strategie e modalità per tenerla ad un livello funzionale.