Da circa 10-15 anni a questa parte, a partire dalla creazione di Facebook e a seguire di tutti gli altri social, il mondo della comunicazione è cambiato. La comunicazione prima dell’avvento di queste piattaforme era meno immediata, ma forse anche più autentica. I ragazzi per aggregarsi suonavano al citofono di casa dell’amico o si davano appuntamento al parchetto dopo la scuola. Oggi invece basta una chat o un messaggio vocale per raggiungere istantaneamente chiunque e dovunque. Questo mutamento ovviamente non coinvolge solo gli adolescenti, che comunque restano i più permeabili ai cambiamenti della cultura di appartenenza, ma riguarda tutti quanti.
L’immediatezza della comunicazione ci ha inoltre disabituati ad aspettare. E così anche un “visualizzato e non risposto” su Whatsapp può diventare argomento di discussione e di scontro. Insomma il cambiamento è radicale rispetto alla precedente generazione, in poco tempo si è stravolto il modo di stare con gli altri; e l’avvento dei social ne è stato causa ed effetto.
Questo breve preambolo non vuole essere un elogio dei bei tempi andati, l’essere “connessi” ha molti risvolti positivi sulla nostra vita quotidiana. Come ogni strumento però il discrimine è dato dall’utilizzo che se ne fa. Il mio intento in questo breve scritto è quello di proporre alcuni spunti riflessivi rispetto a questi cambiamenti ed evidenziare quelli che possono essere i rischi.
Nella nostra società “iperconnessa” le foto, i video, e i pensieri vengono condivisi istantaneamente e quotidianamente su palcoscenici sociali, con l’ambizione di raggiungere un numero sempre più alto di like, commenti e visualizzazioni che alimentano uno spesso fragile narcisismo attraverso la speranza di essere visti, apprezzati e ricordati.
In quest’ottica viene facile pensare come nei confronti delle persone più insicure e vulnerabili questi strumenti rispondano apparentemente in maniera molto efficace ai loro bisogni di sicurezza e affiliazione. Ma è davvero tutto oro quello che luccica? La ricerca scientifica a riguardo ci dimostra di no. È stato infatti più volte rilevato come le persone che utilizzano maggiormente i social network siano più vulnerabili ad ansia e depressione.
Una possibile spiegazione si può trovare nel fatto che “spiare” continuamente la vita dell’altro, la quale peraltro è solitamente spettacolarizzata sui social, espone maggiormente a sentimenti di confronto e invidia. Questa realtà quindi facilmente può diventare un mondo popolato di maschere felici, che nascondono però volti tristi e soli. Mostrare queste maschere di sé infatti fa vivere con ansia da prestazione, e l’autenticità vera perde valore perché non può esser immortalata e mostrata.
Ovviamente la relazione tra quantità di utilizzo di social, e ansia e depressione non è connotata inequivocabilmente da un nesso di causa-effetto, ma si tratta piuttosto di un fattore di rischio che può accentuare delle tendenze in questa direzione, sia a livello clinico che sub-clinico. È inoltre da tenere in considerazione che questa relazione è da considerarsi biunivoca, come confermato anche da alcuni recenti studi.
Un altro aspetto che ha catturato molto la mia attenzione riguarda il come è cambiata l’immagine corporea. L’immagine mentale corporea si crea naturalmente attraverso il contatto e lo sguardo dell’altro. In tali condizioni viene da sé che questo sviluppo non può compiersi pienamente. In internet infatti il corpo viene meno, si conserva solamente l’immagine idealizzata di un corpo filtrato, ritoccato, e scelto tra molteplici scatti di selfie tutti uguali. Vedere l’immagine dell’altro migliore e tentare di migliorare a sua volta la propria può innescare nelle persone più insicure il timore di essere intrinsecamente imperfette o comunque meno rispetto agli amici e ai follower.
Pensare di eliminare dalla propria vita questo strumento però può essere molto difficile, e probabilmente in qualche misura sarebbe anche controproducente. È importante quindi un uso consapevole dei social, e di quelli che possono essere i rischi in cui si può incorrere.
Inoltre può essere utile cercare di limitare il loro utilizzo, per esempio, definendo delle specifiche fasce orarie o tempi di utilizzo. Provando ad adottare questa strategia una buona parte di noi potrebbe notare quanto effettivamente i social siano diventati strumenti pervasivi nella nostra vita quotidiana.
Teniamo sempre a mente quindi che pur essendo sicuramente più semplice comunicare in queste modalità, sono sempre da preferire le interazioni vis a vis quando ciò è possibile, perché una relazione diretta ha molte potenzialità in più in termini di entrare in intimità e conoscere meglio l’altro e sé.
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